Signor Volgger, quali sono state per Lei, in veste di architetto, le sfide più importanti?
Poiché sono entrato a far parte del gruppo di Mader, lo studio di architettura baukraft, con Carmen Polig, aveva già elaborato i primi progetti per gli interventi di ristrutturazione. Per me, dunque, stato un po’ un salto nel buio e ho dovuto familiarizzare con la progettazione esecutiva: questa è stata la prima grande sfida ma, grazie all’eccellente lavoro di squadra, tutto è andato per il meglio, nonostante i tempi brevissimi. I lavori sono iniziati il 20 marzo 2017 e il Feuerstein ha potuto riaprire i battenti dopo soli 256 giorni.
I lavori si sono sempre svolti secondo le tempistiche previste o avete temuto di non poter rispettare i termini?
In un cantiere così grande, le sorprese, sia in positivo che in negativo, sono sempre dietro l’angolo. Il volume edificato esistente, pari a 13.000 m³ è lievitato a 43.000 m³. Soprattutto il patrimonio più datato aveva le sue magagne. Nelle fasi “calde”, erano oltre 30 le imprese artigiane impegnate in cantiere, per un totale di oltre 250 operai. Ma quando tutti remano nella stessa direzione, lavorando per il medesimo obiettivo, si affrontano con successo anche le sfide più complesse. Naturalmente, in quel periodo, una giornata di 8 ore era impensabile, non solo per me, ma per tutte le persone coinvolte nel progetto.
Come siete riusciti, giorno dopo giorno, a motivare i vostri collaboratori?
I responsabili del progetto hanno “tirato i fili” in modo eccellente in cantiere, forgiando un team ben affiatato. I progressi che via via prendevano forma sotto i nostri occhi, poi, ci spronavano a continuare, motivando tutti coloro che erano coinvolti. Preziosissimo anche il contributo del committente Peter Mader, che ha investito molto tempo ed energia in un progetto coltivato con grande passione, stimolandoci ulteriormente.
Gli architetti vengono spesso accusati di occuparsi solo dell’aspetto estetico e non di
quello pratico…
Sì, si tratta di una critica legittima, da cui personalmente, però, vorrei sottrarmi. Il mio professore all’Università di Innsbruck Josef Lackner mi ha influenzato molto in questo senso. Ricordo che citava spesso l’esempio della tenaglia, un attrezzo che ha la stessa forma da secoli, priva di fronzoli ma determinante per la funzionalità stessa dell’utensile: tale considerazione è applicabile anche all’architettura contemporanea. A cosa serve un edificio esteticamente piacevole se non è anche funzionale?
Quali sono le particolarità strutturali del nuovo Feuerstein?
La Val di Fleres è una meta unica nel suo genere, in cui si rifugiano gli amanti della natura e l’architettura della struttura sposa in pieno questa filosofia: l’edificio, nonostante i suoi volumi, s’inserisce armoniosamente nel paesaggio, anche grazie al consistente impiego di materiali edili naturali, rinunciando alla plastica.
Qual è l’aspetto che le piace di più del Feuerstein?
Oh, questa è una domanda difficile. Forse, le innumerevoli possibilità che il Feuerstein offre alle famiglie con bambini di ogni età. O la posizione, assolutamente straordinaria, in fondo alla Val di Fleres, che ogni giorno schiude le porte a magnifiche avventure nella natura. Oppure l’idilliaco laghetto nel centro della struttura, quasi un luogo energetico, in grado di infondere un’incredibile tranquillità. Sì, forse è proprio questo piccolo specchio d’acqua la cosa che mi piace di più del Feuerstein.